Un taglio pari al 15% della forza lavoro e la drastica riduzione della propria capacità produttiva, con la chiusura di alcune fabbriche anche sul territorio nazionale. Diventa una corsa contro il tempo, quella di Nissan per la sua stessa sopravvivenza, all’interno di un comparto già in cerca di una direzione, ancor prima di essere investito dalla minaccia dei dazi americani, insostenibili per un sistema fin troppo globalizzato, che guarda confusamente al processo di transizione all’elettrico.
Nell’anno fiscale concluso a fine marzo il rosso di Nissan ha superato di poco i 4 miliardi di euro, mentre l’utile operativo è crollato dell’87%. La casa automobilistica nipponica si dice impossibilitata a rilasciare stime attendibili sull’esercizio in corso a causa della diffusa incertezza sui mercati: “Fare previsioni con l’attuale volatilità è un compito a dir poco arduo”, ha commentato l’amministratore delegato fresco di nomina, Ivan Espinosa, chiamato ad arginare una crisi che si fa sempre più profonda. “Le dimensioni del gruppo non sono sostenibili, e se non prendiamo questo tipo di decisioni adesso il problema diventerà ancora più grave”, ha ribadito con un’aria dimessa il manager messicano, auspicando maggiore chiarezza nelle trattative negoziali di Tokyo con Washington. Le misure annunciate da Nissan tentano di sanare le inefficienze a livello strutturale, dicono gli analisti, e fanno i conti con il crollo delle vendite del marchio in Cina, per via della concorrenza dei colossi elettrici locali, e negli Stati Uniti, complice una disastrosa campagna di marketing sui veicoli ibridi. Un esito drammatico che ha condotto all’annuncio di 20.000 esuberi e lo stop a 7 stabilimenti produttivi, da qui al 2027.L’azienda con sede a Yokohama ha dichiarato che le vendite globali di veicoli sono calate di oltre il 40% in un periodo di sette anni, passando da 5,77 milioni di unità nell’anno fiscale 2017, a una stima di 3,3 milioni di unità nel 2024. Nissan prevede adesso di ridurre la capacità produttiva globale, esclusa la Cina, del 30% per arrivare a 2,5 milioni di unità, stimando che le misure di risparmio dei costi contribuiranno a riportare l’azienda alla redditività entro l’anno fiscale 2026.
L’impatto delle politiche tariffarie decise dall’amministrazione Trump, compresa l’imposizione di tasse del 25% sulle auto a partire da aprile, non fa dormire sogni tranquilli neanche alle principali concorrenti. Nella stessa giornata Honda ha detto di aspettarsi un crollo dell’utile netto del 70% a 250 miliardi di yen, pari a circa 1,51 miliardi di euro rispetto all’anno precedente, con gli effetti dei dazi statunitensi che ridurranno l’utile operativo di 450 miliardi di yen.
E sempre nel nome della globalizzazione, i bilanci in rosso della Nissan pesano come un macigno anche sulla partner di lunga data francese, Renault, che con il 36% del capitale sociale della casa nipponica deve mettere in conto 2,2 miliardi di euro di svalutazioni e costi di ristrutturazione. Un percorso che si presenta lungo e tortuoso, e che non vedrà un’improvvisa inversione di marcia, dicono gli osservatori. A partire dal primo trimestre la casa automobilistica prevede una perdita operativa di 200 miliardi di yen. Tramontata definitivamente la proposta di fusione con la Honda, Espinosa non esclude collaborazioni attive nelle aree dell’elettrificazione e della digitalizzazione, con la stessa casa nipponica concorrente, e con altri partner, anche negli Stati Uniti. 

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